La Juventus nelle parole di chi l’ha resa grande (tredicesima puntata)

  • “La grande regolarità della Juventus nel vincere è quello che la rende indiscutibile. Sarebbe infatti terribilmente stupido parlare di fortuna. Si potrà sospettare di fortuna una squadra per qualche settimana o qualche mese; specie nei casi in cui a brillanti sequenze susseguono tracolli rovinosi; ma per fortuna per quattro anni, per 136 partite, in modo da vincerne un centinaio e pareggiarne unaventina, è difficile crederlo. Ci saranno molti modi per spiegare come una squadra, per quattro anni, perda al massimo quattro o cinque partite all’anno e ne vince ventitre o venticinque; ci saranno molti modi per spiegare come una squadra, per quattro anni, faccia tre volte più volte ci ciò che ne prenda; ma il modo di spiegare tutto ciò con la fortuna è lo stesso modo che hanno gli ubriachi per spiegare che la terra gira… ” (Carlo Bergoglio)
  • “Mi ricordo un episodio: giocavamo a Bergamo, contro l’Atalanta e stavamo perdendo 2 a 0. In quella partita, mi sono preso un calcio in faccia che mi ha causato la rottura del setto nasale. Ho continuato a giocare, tutto pieno di tamponi e di cerotti. Alla fine, vincemmo la partita per 4 a 2. Dopo la partita, mi furono regalati due polsini d’oro, per il mio “valore ” dimostrato in campo.
    Una vita ho giocato nella Juventus, sedici anni, dal 1933 al 1949, ho rischiato perfino di retrocedere con la Juventus, dovemmo andare, con Rosetta allenatore, in ritiro a Torre Pellice. Però ho guadagnato così poco! Ho concluso l’attività di calciatore nel Torino, ma devo ammettere che l’unica ‘mia’ squadra è stata la Juventus e questo nome mi ritorna sempre sulle labbra. Per uno che ci ha giocato per sedici anni non è possibile dimenticarlo”.
    (Baldo Depetrini)
  • (Su Michel Platini) “ Intelligentissimo. Un fuoriclasse in tutto ”.
    (Giampiero Boniperti)
  • (Sulla morte di Edoardo Agnelli) “ Era in monoplano, un Savoia Marchetti, con Arturo Ferrarin, un giovanotto incantevole, alto, di Tiene, asso di guerra, ufficiale pilota. Erano grandi amici. Andavano a Genova. Mentre ammaravano nell’interno della diga foranea del porto un grosso pezzo di legno vagante ha sfondato lo scalo rompendolo d’acqua e causando una brusca frenata. Edoardo stava in piedi. Per il contraccolpo è caduto contro l’elica che gli ha scoperchiato la testa ”.
    (Umberto Maggiori)
  • “Credo sia rimasto molto del mio essere veneto, nonostante siano tanti anni che vivo a Torino. Noi di Conegliano siamo timidi, concreti, rispettosi, molto lavoratori, abbastanza silenziosi, comunque non ciarlieri; tendiamo a lavorare a testa bassa, guardiamo la terra, sappiamo che il bello della vita salirà da lì, è come se lo aspettassimo giorno per giorno, per proteggerlo. Queste caratteristiche mi sono rimaste tutte, credo di
    essere sempre profondamente veneto. Anzi, di Conegliano”.
    (Alessandro Del Piero)
  • (sull’abbinamento Juventus-Cisitalia, Casa automobilistica il cui proprietario era Pietro Dusio, all’epoca presidente del club bianconero, mentre il marchio FIAT, fu abbinato al Torino): “ Mi chiamò un giorno al telefono il commendator Ferruccio Novo, il solerte e simpaticissimo presidente del Torino Calcio e mi chiese un abboccamento urgente: trovatici mi aperse il cuore sulla sua grande preoccupazione che la Repubblica di
    Salò precettasse per il servizio militare o per l’altro obbligatorio del lavoro i suoi giocatori passibili di richiami. Erano in molti. Bisognava evitare a ogni costo l’evento… Parlai con Valletta: naturalmente spalancai porte aperte. Parlai con l’avvocato Martinengo, del gruppo sportivo Fiat, che si fece in cento. Ed i giocatori furono tutti impiegati chi qui, chi là, nelle varie sezioni Fiat”. (Mario Del Fiume, consulente FIAT)
  • “Perché la Juventus, dopo già un secolo di storia, è diventata una leggenda. Una leggenda che
    esorta il cielo di Torino e che ha finito per conquistare nove, dieci milioni di tifosi in Italia
    e, certo, altre tanti all’estero con un nome, una maglia di colori conosciuti in tutto il mondo” .
    (Gianni Agnelli)
  • “Un cavaliere non lascia mai una Signora ”.
    (Alessandro Del Piero)
  • “Il deficit della Juventus nel 1928 era pagato, un cinquanta per cento da Edoardo Agnelli e
    l’altro cinquanta per cento da Mazzonis. Nel 1931, il deficit fu diviso in sedici parti che furono
    divise tre sedicesimi ad Agnelli, tre a Mazzonis, due a Remmert, due al tavolo del poker del Circolo
    della Juventus di via Bogino, uno a Monateri, uno a Valerio e Gaspare Bona a testa, uno tra Tapparone,
    Fubini, Nizza, il Conte Ghigo”.
    (Felice Borel)

Lascia un commento