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- “Credo di poter dare ancora una mano a questa squadra e lo sento come un dovere. Finiti i Mondiali ho anche pensato di smettere, capita quando sei stanco. Dopo una settimana di vacanza, però, aveva già cambiato idea e mi sono dato un compito; se dovessimo partire dalla serie B, voglio riportare subito la Juventus in A, perché è lì che merita di stare. Anche i nostri scudetti erano meritati; noi abbiamo sempre dato tutto in campo, avevamo uno squadrone ed abbiamo battuto grandi avversari, vincendo onestamente e sono fiero di questo. La sentenza? Alla fine a pagare è solo la Juventus, e questo non è giusto, soprattutto per i tifosi ed i calciatori. La società ora deciderà se andare avanti per vie legali, ma noi giocatori intanto prepariamoci come se dovessimo partire dalla B con –17”. (Pavel Nedved)
- “Il mio grande rimpianto resta lo stadio. Seconda metà degli Anni Ottanta: avevo tutto, progetto, terreno, quattrini. La Juventus avrebbe anticipato il futuro. Romiti disse all’Avvocato che non era ancora il momento. E invece lo era, e come”. (Giampiero Boniperti)
- “Il giorno che ho saputo che avrei giocato per la Juventus è stato il più bello della mia vita; mi trovavo a Rimini, in villeggiatura e, dopo aver fatto colazione, sono andato, come mio solito, alla vicina edicola per comperare i giornali sportivi. Mancava solo un giorno alla chiusura del mercato estivo e volevo proprio vedere come sarebbe andata a finire; si erano scritte parecchie cose sulla mia futura destinazione, ma non avevo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Perciò, ho aperto il giornale con certa ansietà e vedo scritto:
‘Novellini alla Juventus’. Al primo momento ho fatto un balzo, tanto più che, vicino a me, avevo un amico
del luogo, come tutti i romagnoli, sfegatato tifoso bianconero, che mi ha baciato ed abbracciato, gridando a tutti che ero Novellini e che ero stato acquistato dalla Juventus. La sera stessa ho dovuto offrire da bere a metà albergo!”. (Adriano Novellini)
- “Alla Juventus devo essere più pratico, evitare giocare inutili e cercare di ribaltare l’azione il più velocemente possibile. Alla Juventus il risultato arriva prima di ogni altra cosa; l’obiettivo è quello di vincere, sempre”.
(Paolo Montero)
- (Su Gaetano Scirea) “Il mio fuoriclasse era Scirea. Parlava poco, eppure aveva carisma. Era un piacere stare con lui e in qualsiasi occasione, non soltanto sul campo, ti faceva fare bella figura. Il giorno in cui ho preso Scirea, per la prima e unica volta, Achille Bortolotti mi ha detto: ‘Gaetano te lo porto io a Torino. Perché questo ragazzo è diverso da tutti gli altri’.
Quando Gai ha smesso di giocare io volevo che diventasse un punto fermo della Juventus. Prima come
osservatore, poi come allenatore, ma lo vedevo benissimo anche come uomo di pubbliche relazioni. Aveva qualità fuori dal comune e la sua splendida carriera ne era la conferma. Li riconosci subito i giocatori che hanno qualcosa in più: li vedi da come si muovono in campo e da come leggono il gioco un secondo prima degli altri; se poi sono dotati di spessore umano e pulizia morale hai davanti agli occhi un fuoriclasse anche nella vita. E Scirea lo era. Io gli volevo bene”. (Giampiero Boniperti)
- “E il 5 maggio, è andata male,
a Moratti e tutta l’Internazionale,
voi tutti a Roma, già pensavate,
di esser campioni ma non vi ricordavate,
che lo scudetto si vince a maggio,
e non a luglio con il solito miraggio,
e mentre Ronnie se la piangeva,
c’era la Curva bianconera che godeva,
e che pensava, a voi interisti,
laggiù a Roma con le facce tutte tristi,
oh neroazzurro, sai che facciamo,
alziam le mani e tutti insieme noi cantiamo,
Eh Inter merda, Inter Inter merda… ”
(Coro della curva bianconera)
- (In risposta alla domanda: “Come cambia la vita, dopo un’avventura del genere?”) “Cambia tutto, ti costruisci una scala di valori nuova; dai importanza alle cose che valgono davvero e non te la prendi più per le sciocchezze. E capisci che l’amicizia è la prima cosa; io, per esempio, ho un fratello in più, Fabrizio Ravanelli. È stato incredibile, mi ha messo a disposizione una parte della sua vita, non solo la sua famiglia e la sua casa di Perugia; non si può descrivere con le parole. Il giorno più bello, in questi mesi di malattia, l’ho vissuto quando lui ha segnato cinque goals al Cska, in Coppa; quella sera ho capito davvero che cosa è la felicità; ed è stato
altrettanto bello, vedere Fabrizio esordire in Nazionale, proprio a Salerno, la mia città”.
(Andrea Fortunato)
- (In risposta alla domanda: “Ti sono servite le vittorie bianconere?”) “Non solo quelle, ma la costante presenza dei compagni e della società; un’altra famiglia, davvero. Se sono vivo lo devo anche a loro, al loro affetto”. (Andrea Fortunato)
- “…Speriamo che in paradiso ci sia una squadra di calcio, così che tu possa continuare a essere felice correndo dietro a un pallone. Onore a te, fratello Andrea Fortunato”. (Gianluca Vialli)